Torna Indietro           

27/03/2010 – Tempo scaduto per il re del magnete

Tempio.

Il padre della Plastwood ricorda e critica duramente la classe politica sarda

Tempo scaduto per il re del magnete

Tusacciu: «Fare impresa in Sardegna è quasi impossibile»

Sabato 27 marzo 2010
L’avventura della Plastwood è finita ed Edoardo Tusacciu traccia un bilancio.
DAL NOSTRO INVIATO
ANDREA BUSIA
TEMPIO Ha perso tutto Edoardo Tusacciu, ormai sembra il comandante di una nave che vuole rimanere a bordo sino all’ultimo. La Plastwood sta affondando, l’ultimo colpo è arrivato nei giorni scorsi. I consulenti del Tribunale di Tempio hanno scritto che il concordato preventivo non ha portato finanziatori e soprattutto il rilancio dell’azienda. Il prossimo 15 aprile l’imprenditore che ha lanciato nel mondo i giochi con le barrette magnetiche, ha un appuntamento in Tribunale. «Il tempo è scaduto – dice Tusacciu sconfortato – sarò io a chiedere il fallimento della mia azienda».
Dieci anni di lavoro buttati al vento, un’avventura imprenditoriale che ha meravigliato mezzo mondo cancellata da 60 milioni di debiti, 150 dipendenti in cassa integrazione che adesso hanno una certezza: non rientreranno più nello stabilimento della zona industriale di Tempio. Nei magazzini ci sono un milione di scatole pronte per i container. Faranno parte del patrimonio affidato al curatore fallimentare.
Edoardo Tusacciu, la storia della Plastwood è finita.
«Faccio l’imprenditore da 25 anni e sono abituato a non prendere in giro nessuno, tanto meno me stesso. Il 15 aprile spiegherò la situazione ai giudici. Ho perso veramente tutto, ma quello che mi sta venendo a mancare è la speranza e la voglia di fare impresa, almeno qui in Sardegna. È questo il vero fallimento. Purtroppo devo ammettere di aver sbagliato tante cose e la realtà mi ha smentito».
Si spieghi meglio.
«Il 22 settembre del 2002 ho inaugurato questo stabilimento. Ho fatto scendere da un elicottero una pecora, era ovviamente una provocazione. Volevo dimostrare a tutti che i sardi possono fare impresa, creare ricchezza, cultura, lavorare per la loro comunità e avere prestigio in tutto il mondo. Ho sbagliato, perché la mia azienda è passata dai 38 milioni di euro di fatturato del 2004 ai 400mila euro dello scorso anno».
Un disastro, non solo per lei.
«Certo, qui c’erano persone che hanno fatto progetti, sognavano di comprarsi una casa, hanno avuto dei figli perché avevano un lavoro, e hanno pensato che si poteva creare qui la speranza e il futuro. Da tre anni sono a casa. Per quanto mi riguarda ho imparato la lezione: fare impresa in Sardegna è quasi impossibile».
Lei ha l’aria di uno che ha tutta l’intenzione di togliersi i sassolini dalle scarpe.
«Beh, sicuramente adesso non ho più niente da perdere e guardo con serenità e distacco la mia vicenda. I politici sono venuti da me a chiedermi assunzioni e soldi, tutti, indistintamente. Adesso non mi rispondono neanche al telefono. Sono 4 anni che cerco un rappresentante della Sardegna disposto ad aiutare la Plastwood. Preciso non Edoardo Tusacciu, questa azienda creata da sardi e i suoi dipendenti. Tutto inutile. Come non posso pensare che, alla fine, i nostri uomini politici arrivati alla poltrona si disinteressano completamente delle aziende. Anzi non comprendono il ruolo, la funzione di chi fa impresa».
Ma lei, a chi si è rivolto?
«L’elenco è lunghissimo. Avevo chiesto al presidente del consiglio Silvio Berlusconi un aiuto per sbloccare una situazione difficile negli Stati Uniti. Si badi bene, sono stati gli uomini del suo entourage a cercarmi. Non ho avuto alcuna risposta e il nostro fatturato negli Usa è passato da 12 milioni di dollari a zero. Ho incontrato il presidente della Regione Renato Soru per tre volte, anche in questo caso ho perso tempo. Lo so, faccio un discorso qualunquista e disfattista, ma sono veramente tutti uguali».
Qualche errore lo avrà fatto anche lei.
«Quando era il momento non ho capito la differenza tra la fase iniziale di un’avventura imprenditoriale e le azioni necessarie per rimanere nel mercato. Certo che ho fatto degli errori, anche sul management. Ma un’azienda sarda, giovane, di successo, non aveva forse il diritto di essere aiutata? Invece proprio nel momento più delicato, lo Stato ci ha chiesto di pagare 6 milioni e mezzo di euro di tasse. A cosa serve la nostra autonomia se non difende e protegge ciò che nasce e cresce in Sardegna?».