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Al Teatro del Carmine”Sangue dal cielo-Quasi un musical”.

Data: 14/12/2009

Al Teatro del Carmine mercoledì 16 dicembre va in scena “Sangue dal cielo-Quasi un musical”.

Teatro Stabile della Sardegna

Sangue dal cielo
tratto dal romanzo di Marcello Fois

drammaturgia di
Anna Zapparoli e Guido De Monticelli

con
Maria Grazia Bodio, Lia Careddu, Corrado Giannetti,
Paolo Meloni, Isella Orchis, Cesare Saliu, Marco Spiga,
Maria Grazia Sughi, Luigi Tontoranelli

Scene e costumi Barbara Petrecca

Musiche originali Mario Borciani

regia
Guido De Monticelli

Sangue dal cielo è un noir, la storia di un misterioso caso giudiziario che ha come scenario la Nuoro di fine ‘800. Al centro di quel caso, la figura del popolare avvocato e poeta barbaricino Sebastiano Satta, vissuto appunto a cavallo del secolo, il quale deve ripercorrere la vicenda del suo assistito, un ragazzo con tratti di fragilità psico-fisica, accusato di aver commesso un omicidio.
Ma Sangue dal cielo è anche un sogno, una lunga notte di sonno agitato, popolata di suoni e visioni, e battuta da una pioggia scrosciante, continua, pioggia che rimbalza sull’acciottolato, sui vetri, sulle tegole, penetra fin nella stanza di Bustianu, l’avvocato-poeta, portando all’inquieto sognatore le immagini e le presenze del suo passato di ragazzo. Jaju, il nonno, Bisaju, il bisnonno, e Babbu, il padre morto prematuramente in una notte in cui la pioggia si era fatta rossa come il sangue, compaiono, materializzandosi fra le lenzuola del suo letto fattosi ormai fanghiglia melmosa. Lo aiuteranno a farsi strada nell’intricato caso giudiziario che si complicherà per la misteriosa morte in carcere del ragazzo accusato di omicidio, ma anche lo condurranno alla scoperta di se stesso ragazzo in un percorso a ritroso fino a quel giorno cruciale in cui Babbu partì per il Continente per non farvi più ritorno.
Lo spettacolo del Teatro di Sardegna trasferisce sulla scena la grande musicalità del romanzo di Marcello Fois dove il formidabile concertato della pioggia sembra avvolgere Nuoro facendone un nebbioso paesaggio dell’anima popolato di presenze e di suoni. E sono suoni che presto trascolorano in musica.
Ed ecco la Belle Epoque di un piccolo spettacolo di varietà orientaleggiante e vagamente salgariano a cui si reca Bustianu, coi suoi cieli di cartapesta raffiguranti Bombay al tramonto e i suoi fachiri impegnati in terribili prove, sotto i cui turbanti si rivela, a Bustianu sognante, il sembiante dei suoi avi blateranti un comico gramelot sufico-sardo-indiano; o il positivismo lombrosiano del famoso alienista, dottor Puligheddu, consultato dall’avvocato per una perizia, che, in sghembi versi e couplet da operetta, illustra agli ospiti del celebre Caffè Tettamanzi di Nuoro (in una scena completamente musicale) i sintomi dell’isteria criminale. Ma la musica si impenna, di fronte al folgorante incontro di Bustianu con la giovane Clorinda. Ed è subito un trasognato recitar cantando monteverdiano a trasfigurare una semplice ragazza nuorese nella Clorinda guerriera che combatte in singolar tenzone col suo prode Tancredi. E saranno le note di un adagio di Mozart provenienti incredibilmente da una povera masseria della Barbagia, a inebriare Bustianu che, di fronte al contadino che lo invita all’ascolto, dovrà confessare di non aver mai sentito la musica di quel sublime compositore.
Infine una marcetta deliziosamente infantile (anch’essa mozartiana) rivelerà e accompagnerà la mania vagamente autistica del ragazzo accusato di un omicidio in realtà mai commesso, di intagliare soldatini nel legno. E sarà anche il segno dell’infanzia ritrovata di Bustianu, avvocato, poeta e sognatore, a suggello di quello che potremmo chiamare un piccolo musical onirico.